Festa della donna al Rigoni Stern 8 marzo 2020
8 marzo 2020
Care studentesse, care docenti, care lavoratrici
ogni anno, in occasione dell’8 marzo, siete state protagoniste di iniziative che hanno messo in evidenza la vostra grande sensibilità e la vostra grande determinazione nel rivendicare il contributo delle donne in tutti i settori della vita pubblica e privata.
Vi ripropongo l’intervento da voi preparato nel 2016: è come se oggi celebrassimo la festa insieme.
Oggi, giornata internazionale della donna, ci riuniamo per ricordare e celebrare la storia di tutte le donne nel mondo e il loro prezioso contributo in tutti i settori della vita pubblica e privata.
E’ infatti importante, o meglio, fondamentale, ricordare tutte quelle figure che nel corso della storia hanno combattuto per ottenere tutti quei diritti che oggi diamo per scontati: il diritto al voto, l’uguaglianza sul lavoro, o la parità tra i sessi.
Diritti che ancora oggi, in alcune parti del mondo, non sono riconosciuti.
Quante volte abbiamo sentito parlare di femminicidio, schiavismo, o padronanza maschile. Quante sono ancora oggi le donne nel mondo che non hanno diritto di scelta, diritto di parola, diritto di amare.
Quanti sono i paesi che ritengono tuttora la donna inferiore all’uomo.
Forse non tutti lo sappiamo ma in Italia vengono uccise in media 179 donne all’anno, in pratica 1 vittima ogni due giorni; nel mondo, come afferma il segretario ufficiale dell’Onu Ban Ki-moon, una donna su cinque è maltrattata, violentata o subisce altre forme di abuso nella sua vita.
E io ora mi chiedo quando potremmo smascherare questa orribile realtà, quando l’uomo si potrà rendere conto di ciò che succede in ogni parte del mondo.
La donna ha diritto alle stesse opportunità dell’uomo.
Ciò che ci rende differenti non è il sesso, nè la razza, nè la ricchezza; ma è l’essere unici. Dobbiamo quindi vegliare contro tutte le forme più ostili di azioni che rendono la donna un oggetto togliendole il suo vero valore di persona, che la considerano inferiore negandole l’uguaglianza ai diritti, che la rendono vittima privandole il dono più bello che l’umanità possiede: la libertà.
Per concludere, citiamo un passo tratto da un libro antico, il Talmud:
“State molto attenti a non far piangere una donna: poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell’uomo; non dai suoi piedi perché debba essere pestata, né dalla sua testa perché debba essere superiore, ma dal fianco per essere uguale… Un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere amata”.
Poi mi piace sottolineare, attraverso la poesia di Montale, l’indiscutibile ruolo di guida esercitato nella società dalla donna, pupilla dell’umanità.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
EUGENIO MONTALE, Satura 1962-70 (Milano, Mondadori 1971).
Carmelo Scaffidi